martedì 21 maggio 2013

Dove sono quando non ci sono



E poi ti chiedono: “Perché hai abbandonato il blog? Possibile che non trovi dieci minuti di tempo per aggiornarlo?”
E allora ti soffermi a pensare ad una giornata tipo in un’azienda in crisi di cui sei l’unico dipendente.
C’è l’inquietante problema del telefono che squilla in continuazione:la mattina arrivi, infili la chiave nella toppa e, come se fosse scattato un segnale, il telefono inizia a trillare come se non ci fosse un domani per conversazioni che spesso hanno questo tono: 
“No, non ci interessa cambiare piano telefonico, no nemmeno il contratto utenze, no non abbiamo bisogno di un esorcista, no non le vogliamo le mozzarelle a domicilio, non vogliamo proprio nulla, aiutoooo” 
Per non parlare di quando ti scappa la pipì, arrivi in bagno, ti slacci i calzoni e il telefono ricomincia a squillare.  Allora, se ti senti in vena, tiri su i pantaloni e corri a rispondere 
per un “No, non compriamo niente!” oppure ti tappi le orecchie e ti concedi un minuto di pausa, tanto è sicuramente il solito imbonitore, telefonico, per poi sentirti dire dal capo: “Il notaio mi ha detto che ha chiamato ma non ha risposto nessuno!”.
Ettipareva.
Vogliamo poi parlare di quando provi a mangiare qualcosa e in quel mentre citofona il postino, il 
corriere, l’ascensorista, qualcuno che ha sbagliato, oltre ovviamente al telefono che squilla, sia chiaro.
Io non mastico, inghiotto bocconi tra una rottura e l’altra.
Eh, ma non mi limito solo ad addomesticare telefoni e citofoni, sia chiaro!

Impiego anche il mio tempo in lavori importanti da fare che, come la legge di Murphy insegna,  immancabilmente, 

  • ti affidano a ridosso della scadenza così che tu debba nutrirti di ansia finché non hai finito;
  • per cui avresti bisogno di una consulenza ma visto che il consulente non lavora a gratis ti inventi telefonate di finta cordialità nella speranza di spillare qualche suggerimento
  • per cui avresti bisogno di silenzio assoluto di concentrazione ma il telefono continua a squillare, il citofono a cicalare e, se proprio non dovesse bastare, c’è sempre l’omino delle pulizie che con un “disturbo signò?” attacca una tiritera che non finisce più perché non ci sono più i detergenti di una volta.
E non dimentichiamo le sedute col capo che alterna, poverino, stati depressivi-suicidi a stati aggressivi-omicidi. Ed essendo io, proprio io (che culo, eh!) l’unica fortunata ad essere presente a studio, mi sorbisco dei pipponi immensi, talmente grandi che me li porto pure a casa per finirmeli comodamente mentre dormo sotto forma di incubi e affini. 
Per non parlare dei cazziatoni random immotivati a cui, ho imparato, posso rispondere solo con un cenno della testa e con un melanconico “avete ragione” , pensando in cuor mio che “un giorno di ordinaria follia” non è solo il titolo di un film, ma una realtà non troppo lontana.


Vi stupirei se vi dicessi in quante puntate si può mangiare un panino!
Eppure tutto ciò mi mancherà.
Il tempo è passato e la data di uscita di scena è sempre più vicina.
Riuscirò ad abituarmi ai silenzi della mia casa, al sorriso di mio marito, al cinguettare degli uccelli?
Riuscirò a vivere senza lo squillare continuo del telefono? La mia vescica riuscirà a rilassarsi?
L’ansia è l’unica cosa che non mi mancherà.
Senza stipendio, inizierà una dura lotta: banca, non avrai mai la mia casa!

Giusto per rendere l'idea: post scritto dal 10/05 ad oggi, con varie interruzioni. Telefoniche, ovviamente.

3 commenti:

  1. :)
    Ti credo sai, mi sembra una descrizione molto molto realistica!
    Wide

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  2. E' più realistica di quello che vorrei! Ti abbraccio forte Wide!

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  3. Accidenti, non sapevo di queste brutte news lavorative! mio marito ha perso il lavoro un paio d'anni fa...adesso sono io l'uomo di casa, e bollette, mutuo, tasse...sono tutte di mia competenza!
    ti abbraccio forte ingegnera

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