venerdì 29 aprile 2011

Si dice, si narra...

Pare, anche se la notizia è passata in sordina, che oggi si sposino Sor Willy e Sora Kate. Il primo è noto per quell'accenno di stempiatura degno di Piazza San Pietro, la seconda la ricordiamo per quel sorriso farso da attrice di olli'wud e perchè ha una sorella che si chiama Pippa la quale, digiamogelo, ci sta simpatica solo per il nome e per il colorito verde inacidito tipico dell'invidia tra sorelle. Cenerentola docet.
Eppure, nonostante cotanto evento, è calato il silenzio stampa!
I giornali non fanno altro che parlare di:
  1. Giappone e problema radioattività-ricostruzione: eccheppalle, l'abbiamo capito che non potremo più mangiare i gamberetti del Pacifico per un po', vuol dire che ci nutriremo con qualche pesciolino dello Yangtz, un fiume così inquinato che i pesci vengono pescati già cucinati e conditi;
  2. Rincaro del costo della benzina: appena avremo finito di scamazzare di missili con le nostre missioni di pace i signori del petrolio tutto filerà più liscio. Liscio come il petrolio;
  3. Innalzamento della soglia d'errore della pompa di benzina: l'unico campo in cui la taratura degli strumenti diminuisce invece che aumentare. Misteri della tecnica!
  4. Il referendum: tutti sappiamo cosa votare, dove, come quando e perchè. 
Non si parla d'altro.
O forse no?

Farfugliamenti psicofisici


Pur avendo goduto di due giorni di pace e tranquillità lontana da telefoni e pc, il rientro a lavoro è stato faticoso, stressante, spossante e quant’ –ante di negativo esista.
Era tutta la mattina che provavo a contattare sul cellulare l’Ing. Ficus.
Ero arrivata ad ora di pranzo che avevo risposto a un trilione di telefonate, spesso contemporanee. Ero fusa come un cioccolatino sotto il sole di agosto.
Quando squillò per l’ennesima volta il telefono dell’ufficio, io ero sull’altra linea a parlare con un fornitore e il cellulare squillava sotto l’insistenza del capocantiere. Misi in attesa la telefonata in corso, pigiai il tasto “rifiuta” sul cellulare e, affannata, risposi:
“pronto!!!” col tono di chi dice “che è che rompe?!?!”
“buongiorno… sono l’Ing. Ficus…”
“Ah, sì, ehm, sono la Costruminchia*, ehm, no ha chiamato lei, sono l’Ing. Capodecapis*, ah no, sono Ing. Tantapazienza*…vabbè, uff, ricominciamo da capo, sono un po’ confusa..”
“….bene…”
 
*Per Costruminchia s’intenda il nome della società.
Per Capodecapis  s’intenda il titolare.
Tantapazienza, modestamente, sono io.



In banca. Assegno intestato a me.
Lo giro…con la firma del capo!
Mi chiedo se la sindrome della mano aliena non cominci a manifestarsi con questi gesti inconsulti. Faccio un mezzo scarabocchio sulla firma. Prendo l’assegno e lo consegno allo sportello:
“Ehm, oggi mi trema un po’ la mano…la firma è uscita un po’pasticciata…”
Il bancario mi fissa pensieroso, un po’ come si guardano le persone che entrano armate in banca con un passamontagna calato in testa, infine si volta e con un sospirone sussurra:
“Immaginavo…”

Figure di Emme come questa meritano l’Oscar. 
Comincio ad avere problemi di personalità confusamente multipla, decisamente.

N.B. ogni riferimento a nomi, luoghi, fiori, frutti e città è puramente casuale.

domenica 24 aprile 2011

Buona Pasqua!

Ai cinici come me:

A tutti gli altri:

venerdì 22 aprile 2011

Dubbi amletici



Ci sono giorni in cui ti imbatti in queste cose e finisci per chiederti
  1. se è quel costrutto della frase, degno di un serial killer grammaticale, che ti provoca quella fitta dolorosa all'altezza dello sterno
  2. se sei rimasto più colpito dal contenuto della domanda o dalla pertinenza delle risposte
  3. se la prima risposta è stata data da un uomo di colore o da uno che se lo stringe così tanto da rallentarne la circolazione sanguigna
  4. se quest'estate, in spiaggia, troverai qualcuno intento ad abbronzarsi il pene 
  5. se vera la 4^ ipotesi, chissà quanti peni simili ad hotdog ci saranno nel mondo
  6. se, quando si parla di abbronzatura integrale, si intende anche questo 
  7. se un pene abbronzato contrasta con lo sbiancamento anale.

giovedì 21 aprile 2011

Cadono parole come pioggia sulla strada, forse verrà domani il sole che le asciuga.*

Silenzio. Finalmente. Tutti sono usciti e mi godo avidamente quest’attimo di silenzio.
L’ultimo mese è stata una corsa a perdifiato nella speranza di raggiungere una meta che, ahimè, è ancora lontana.
Psichicamente e fisicamente mi sento un puff fantozziano: goffa e pericolosamente labile.
Nel toccarmi, gli Altri, sembrano poter affondare nelle mie carni e plasmarle secondo proprio gusto se non che, nell’atto di adagiarsi, la mia instabilità si manifesta anarchicamente mandando all’aria i malcapitati.
Del puff conservo inoltre, e soprattutto, la fisicità: a sera, rientrando a casa, mi rovescio sul divano come Cosa informe e sento moltiplicarsi i trent’anni per tre senza alcuna pietà.
Il mio umore è una maschera bifronte: da un lato tanta voglia di gioco, dall’altro rimestamenti viscerali degni di un Jacopo Ortis de noantri. Coesistono in modo conflittuale, entrambe vere, entrambe attuali, entrambe con la voglia di essere uniche.
Che poi non si dica che mi faccia mancare niente.
Mi porto dietro me come un bagaglio ingombrante. Pur amando la mia complessità e diversità, provo fatica e rabbia nel vivere le mie pulsioni. Amo il mio sentire profondo eppure odio la sua intensità, il ferirsi con le parole come se fossero armi affilate, respirare profondamente nel cercare di mandare giù bocconi amari come fiele.
Eppure non potrei mai rinunciare a quell’attimo in cui, in piena crisi, chiudo gli occhi e richiamo alla mente un’immagine, un suono, una parola e rivivo i momenti piacevoli con la stessa intensità in cui sono avvenuti.
E quindi oscillo, come da bambina, su un’altalena di emozioni. Le mani ben salde sulle corde, la gonna svolazzante nell’aria, il sole negli occhi e un sorriso saldo, sempre desiderosa di una spinta più forte che mi faccia volare, combatto con la paura di cadere, ma orgogliosa delle mie ginocchia sbucciate vado avanti che la paura è l’unica cosa che bisogna temere.

*il titolo fa riferimento alla canzone "Domani" degli Articolo 31

venerdì 15 aprile 2011

Sfogliando piastrelle come petali di un fiore

Quando in tv sento parlare dell’orologio biologico che tante donne si sentono ticchettare dentro, penso che, nel mio caso, il suono è qualcosa di correlato più al timer del forno che a una voglia di maternità.

Mi piacciono i bambini…quelli degli altri.

Quando per strada incontro un giovane adolescente medio, una figura mitologica parte emo, parte truzzo e parte bimbominkia, inorridisco all’idea di poter avere un figlio così. Già lo sento: “A ma, scangia du sacchi che devo annà a pija na piskelletta!”

Mio figlio non sarà così. Vestirà tenendosi le mutande ben nascoste nei pantaloni, non si farà foto nei cessi pensando di essere figo, non porterà i capelli pettinati come gli altri di solito si pettinano nelle mutande… Sarà sensibile e colto, utilizzerà la kappa solo per le parole come kiwi e Kiwu (di cui conoscerà le sventure), sarà in grado di parlare senza bestemmiare e senza sputare per terra, soprattutto sarà in grado di parlare utilizzando concetti logici. Saprà la differenza tra una donna incinta e una in-cinta, che l’unica cinta che conosco io, tolto l’accessorio, è una scrofa senese.

Insomma sarà un emarginato sociale.

Ma non è di questo che volevo parlarvi oggi.

Sono due giorni che i miei ormoni non stanno bene – non che prima funzionassero meglio, eh!

Sarà la primavera, la soglia dei 30 anni o qualche rimasuglio di femminilità che ancora mi è rimasto ma mi sento portata verso l’Ammmore, quello civettuolo e farfallone!

Esco di casa addirittura con l’eyeliner! Ho le unghie parzialmente smaltate
- e non starò qui a sottolineare che quando il capo mi ha visto le unghie ha esclamato: “che hai fatto alle mani? Ti sei pestata le dita?” –
lascio i capelli sciolti ma pettinati e non indomiti come di solito accade.

Al telefono ogni voce mi sembra suadente, anche quella del vecchio fabbro che in confronto Shrek sembra Rauol Bova. In tv guardo con bramosia Gerry Scotti e Flavio Insinua facendo pensieri peccaminosi. Insomma, primavera o no, credo di essere stata colpita dalla freccia di un Cupido distratto.
Vado in giro dando amore, lo darei a tutti!

Virtualmente parlando.

To be continued….

martedì 12 aprile 2011

Appunti


Telefonata di un fornitore di impianti speciali per l’apertura di un nuovo cantiere. 
Risponde Rolling, la mia collega degli orrori. Visto che sono in riunione prende appunti.
Sulla mia scrivania, un foglio scritto a matita con mano incerta, riportava quanto segue:

Ing. Tizio Decaibus
Ha casa a Fregene
Separato
Cellulare 0123456789
Non è mai stato a Topolinia (paese natio di Rolling ndr)
Gli serve la relazione tecnica
Richiamare

Declinando


Aprile mi ha rivelato un’amara sorpresa: invece della rinascita primaverile, sono stata investita da un vento di stanchezza, spossatezza e ansia. L’ansia si manifesta in modo becero: sento il cuore saltarmi in petto e tuffarsi, come se d’improvviso venisse a mancarmi la terra da sotto i piedi. E’ un po’ come volare spinti dalle correnti fino ad incappare in qualche vuoto d’aria: il cuore salta in gola e vi resta sospeso per qualche secondo prima di precipitare. Forse se smettessi di bere il caffè come se fosse acqua e l’acqua come se fosse caffè, potrei trarne qualche sollievo. Forse.
La spossatezza mi rende pigra (più del solito), ogni gesto richiede uno sforzo immane: una rampa di scale può richiedermi un impegno, sia fisico che mentale, pari alla scalata del K2.
Ho un tremendo calo del livello d’attenzione e, in un lavoro in cui l’attenzione è tutto, una tale condizione può creare qualche problema. Ho difficoltà ad ascoltare le persone. Mi sforzo per restare attenta ma le parole diventano suono senza alcun senso. Provo a leggere un testo e le parole sono formichine su tela bianca che non mi esprimono nulla se non un disordine caotico.
Ho provato ad utilizzare un integratore, uno di quelli che pubblicizzano in tv: lo prendi e dai foco al mondo manco ci fosse dentro un estratto delle ceneri di Cecco Angiolieri. In realtà, già nel momento dell’acquisto, ero ben cosciente che mi sarebbe utile quanto una pomata per la prostata. Si dice che tentar non nuoce…sarà per questo che il farmacista sotto l’ufficio è ricco da far schifo.
Oggi avevo vinto questo malessere per scendere dall’ufficio per andarmi a procurare del cibo. Sono uscita e il sole mi ha accecato. Non sono abituata a tanta luminosità. Da quando i cantieri sono tutti a distanze impraticabili, spesso passo delle giornate intere chiuse in questa piccola gabbia che chiamano ufficio. Di tanto in tanto passa qualcuno a lanciarmi qualche nocciolina.
Dicevo che ho affrontato la luce con la stessa temerarietà di un vampiro appena risorto. Ho affrontato le scale e la strada trascinandomi come un disperato nel deserto. Sono arrivata nell’oasi della tavola calda e ho trovato millemila persone in fila: urlava, chiacchieravano, mi urtavano. Ho rimpianto il silenzio e la solitudine della mia prigione.
Non ho comprato nulla e sono tornata indietro. Mi sono fermata a fare due chiacchiere con un bastardino che dormiva pigramente sotto un albero. Ci siamo scambiati qualche coccola a vicenda e ci siamo dati appuntamento per domani.
E’ il caso che esca dal loculo un po’ più spesso.

giovedì 7 aprile 2011

I low you

Stamane mi sono svegliata con la pressione a -10. Mi sono arrampicata sui miei piccoli tacchi, ho infilato la giacca leggera che sembrava fatta di granito, ho inforcato la borsa che sembrava contenere palle da bowling…le scale sembravano l’Everest e la sedia il luogo più accogliente in cui sprofondare.
Sono in ufficio, le palpebre tenute su col nastro adesivo, che cerco di tenermi in posizione eretta. Al telefono sbadiglio e mostro tutto il mio disinteresse. Ho fame e dovrei procurarmi il cibo ma il bar sotto l’ufficio sembra così lontano…

…vuoi vedere che la pressione bassa è l’ultimo trovata per dimagrire?

martedì 5 aprile 2011

Figure di M.


Cantiere. Ponteggio. Giornata ventosa.
Problemi alla pompa, bisogna comprare un nuovo galleggiante. Una cosa banale se non fosse che certi giorni sorgono solo per fruttare figure di m.

Parlo con l’idraulico. Io sul ponteggio al 3° piano, lui a terra. Vento e traffico rendono difficile la comunicazione:
“ ‘ngegnè serve il galleggiante sennò non la posso attaccà”
“ fatti un giro e cerca un posto dove comprarlo, prendi i soldi dalla cassa”
Vento, traffico e distanza, devo aver reso la mia risposta una specie di “gnegnegnegne”.
Lo deduco dal fatto che urla: “Ehhhhhhhh? N’ho capito!”
“Trova un negozio per comprare il galleggiante!!!” dico a voce più alta
“ Nun te sento urla più forte!”
“ Vai a prendere il galleggiante!!! Trova un rivenditoreeeeeeeee!” urlo poco compostamente
“ N’ho capitooo!”
“ ‘tacci tua, TROVA UN NEGOZIOOOOOO!” urlo sputando le mie corde vocali
“ Ehhhh? Che devo cercà????!"
“ Aho, CE SERVE QUALCUNO CHE FA LE POMPEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!”
Questo s’è sentito. Decisamente.
L’ho dedotto dal fatto che s’è girata mezza Roma per guardarmi.
Il fatto che gli operai dietro di me si rotolavano a terra ridendo mi ha fatto ipotizzare che in quella mia frase potesse esserci qualcosa di equivoco.
Io, capelli al vento, fredda coma una lucertola, allibita da me stessa.
Da basso: “ ‘ngegnè, è brutto dì ste cose! Vabbè, mo vado a cercà un negozio che vende i galleggianti”.
La prossima volta scendo.
Armata.