martedì 12 aprile 2011

Declinando


Aprile mi ha rivelato un’amara sorpresa: invece della rinascita primaverile, sono stata investita da un vento di stanchezza, spossatezza e ansia. L’ansia si manifesta in modo becero: sento il cuore saltarmi in petto e tuffarsi, come se d’improvviso venisse a mancarmi la terra da sotto i piedi. E’ un po’ come volare spinti dalle correnti fino ad incappare in qualche vuoto d’aria: il cuore salta in gola e vi resta sospeso per qualche secondo prima di precipitare. Forse se smettessi di bere il caffè come se fosse acqua e l’acqua come se fosse caffè, potrei trarne qualche sollievo. Forse.
La spossatezza mi rende pigra (più del solito), ogni gesto richiede uno sforzo immane: una rampa di scale può richiedermi un impegno, sia fisico che mentale, pari alla scalata del K2.
Ho un tremendo calo del livello d’attenzione e, in un lavoro in cui l’attenzione è tutto, una tale condizione può creare qualche problema. Ho difficoltà ad ascoltare le persone. Mi sforzo per restare attenta ma le parole diventano suono senza alcun senso. Provo a leggere un testo e le parole sono formichine su tela bianca che non mi esprimono nulla se non un disordine caotico.
Ho provato ad utilizzare un integratore, uno di quelli che pubblicizzano in tv: lo prendi e dai foco al mondo manco ci fosse dentro un estratto delle ceneri di Cecco Angiolieri. In realtà, già nel momento dell’acquisto, ero ben cosciente che mi sarebbe utile quanto una pomata per la prostata. Si dice che tentar non nuoce…sarà per questo che il farmacista sotto l’ufficio è ricco da far schifo.
Oggi avevo vinto questo malessere per scendere dall’ufficio per andarmi a procurare del cibo. Sono uscita e il sole mi ha accecato. Non sono abituata a tanta luminosità. Da quando i cantieri sono tutti a distanze impraticabili, spesso passo delle giornate intere chiuse in questa piccola gabbia che chiamano ufficio. Di tanto in tanto passa qualcuno a lanciarmi qualche nocciolina.
Dicevo che ho affrontato la luce con la stessa temerarietà di un vampiro appena risorto. Ho affrontato le scale e la strada trascinandomi come un disperato nel deserto. Sono arrivata nell’oasi della tavola calda e ho trovato millemila persone in fila: urlava, chiacchieravano, mi urtavano. Ho rimpianto il silenzio e la solitudine della mia prigione.
Non ho comprato nulla e sono tornata indietro. Mi sono fermata a fare due chiacchiere con un bastardino che dormiva pigramente sotto un albero. Ci siamo scambiati qualche coccola a vicenda e ci siamo dati appuntamento per domani.
E’ il caso che esca dal loculo un po’ più spesso.

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