lunedì 30 novembre 2009

Immobile

Longilinea, capelli biondo-simpson, truccata un po' meno della mia dirimpettaia, la signora Moira Orfei. Mi attende con un'acidità tale che la cartina tornasole che ho in borsa vira al rosso sangue prima che mi avvicini completamente a lei. Mi sibila contro: "è in ritardo!"
"Lo so e me ne scuso ma l'avevo già chiamata per avvisarla"
Stizzita si volta e mi ancheggia davanti come se volesse spazzarmi via e mi conduce all'appartamento. Ristrutturato. Certo, ristrutturato come si potrebbe ristrutturare il Colosseo. "Scusi" chiedo fingendo ancora rispetto ed interesse "mi ha detto che l'appartamento è nuovo, quando è stato costruito?"
"da pochissimo! ed è stato anche ristrutturato! è degli anni 80"
"ehm, anche io sono degli anni 80 e non  mi sento tanto nuova..."
Poi comincia una diatriba inutile sui mutui. Si ostina a voler dettar legge sui tempi di erogazione del MIO mutuo come se lei ne sapesse più di me mentre la mia disapprovazione continua ad aumentare. E questo solo per farmi capire che lei la casa prima del nuovo anno non la vende perchè deve andare in vacanza. Edirlosubito no? No.
Nuovo scenario: più o meno stesso luogo, stavolta sono io che aspetto. Lui arriva tutto trafelato e comincia a parlar male della zona ed io, tra me, penso "Scusa ma questa casa stai cercando di vendermela o di ffarmi scappare inorridita?".
Arriviamo di fronte al portone e la chiave non apre. Sembriamo lo scassinatore e il palo. Saliamo al piano e la luce è fulminata. Sorride e mi dice imbarazzato "Siamo un po' sfortunati..."
"un po' tanto" penso io.
La casa ristrutturatissima è così ristrutturata che non ha nemmeno un impianto salvavita, la carta da parati penzola dai muri come festoni di Halloween e il portone, sfondato, è stato sigillato con un pezzo di compensato. Le braccia mi cadono a terra, le raccolgo e le metto in borsa L'agente continua a parlare male della casa, della zona e mi racconta la storia degli ex inquilini morti, secondo me, di vecchiaia molti e molti anni orsono visto lo stato di incuria in cui versa l'appartamento.
Certo che per vedere bisogna avere proprio una bella faccia di bronzo (o da stronzo che è uguale).

venerdì 27 novembre 2009

La congettura di Birch e Swinnerton-Dyer

E' tanto che non scrivo. E sì che ogni sera ne avrei di cose da raccontare, qualcuna allegra, qualcuna irrispettosa, qualcuna spiritosa e qualcun'altra che ha il sapore di rabbia. E non ci riesco.
Sono stanca, esausta. Ormai i giorni duri sono diventati settimane e poi mesi e continueranno a protrarsi finché non troverò una soluzione. Accanto ai 7 problemi matematici del millennio, se qualcuno volesse cimentarsi nell'impresa mi offro affinché possa provare a risolverne un ottavo: il mio. La mia vita è un'ingarbugliata equazione a più incognite e non riesco a trovarne soluzione. Quel che è peggio è che invece di impugnare il gessetto e mettermi a pensare, mi sono messa ginocchioni sui ceci dietro la lavagna. E se avessi una bacchetta forse mi picchierei da sola...perchè quando non puoi prendertela con nessuno te la prendi con te stessa, non è vero?

lunedì 23 novembre 2009

Bitter sweet symphony

Ci sono storie semplici, senza troppi effetti speciali che bussano al cuore e, una volta entrate, vi si accomodano per non uscirne più. UP è una storia di queste. Un mescolìo di sentimenti dolce-amaro.
Ingannati dal chissàcheeffetti 3D, ci si aspetta di tutto tranne che un triplo tuffo carpiato al cuore. Nessuno parla in sala, nessuno si alza. Gli occhi potenziati dalle lucenti protesi 3D sono ipnotizzati dallo sguardo dolcemente burbero di Carl e dalla faccia buffa del piccolo Giovane Esploratore.
L'amarezza della solitudine senile imperante dopo la perdita dell'Amore di una vita, il rimpianto di non aver avuto il coraggio di realizzare i propri sogni...e il desiderio forte, prepotente di riscatto...
La solitudine del crescere da soli, l'inadeguatezza che ben conosco e quel desiderio forte di essere accettati da chi dovrebbe amarci per quel che siamo...e la corsa continua per portare a casa dei trofei che dicano "Eccomi, ci sono anche io..."
Nonostante le tematiche profonde e qualche lacrima scivolata furtiva sulle guance odorose di pop corn, UP si proietta leggero come un sogno ad occhi aperti. La casa sollevata da una miriade di palloncini colorati appena usciti da un quadro di Kandinsky si alza leggera, senza peso. La fantasia repressa coltivata negli anni esplode e allevia dal suo peso la quotidianità...e la casa, bagaglio di una vita assieme, zavorra di ricordi e di rimpianti, si solleva leggera nell'aria come un sasso nuvoloso di Magritte. Si parte alla ricerca delle cascate paradiso!
E si esce dal cinema con il cuore stretto, una lacrima leggera e un sorriso nuovo.

domenica 22 novembre 2009

Cronache dal mondo


Ok. Sono seduta. Sono tornata. Mi sono riposata abbastanza da poter riuscire a formulare qualche pensiero seppur accidentale ed accidentato. E' stata una settimana pesante, sia mentalmente che fisicamente.

Venerdì, quando mi sono svegliata all'alba per partire, ero uno straccio. Mi sono vestita solo per abitudine, ho legato i capelli per non dovermene preoccupare durante il giorno, ho litigato col mio corpo che ha reagito in malo modo e, caricata la borsa in spalla mi sono avviata in stazione. Al di là dell'attesa inaspettata a causa di un ritardo ferroviario, mi sono educatamente fermata ad attendere il mio treno, servendo da birillo per tutti gli affaccendati e frettolosi viaggiatori che si perdevano nel via vai quotidiano trascinandomi dietro di loro tra spallate più o meno involontarie. Ogni tanto mi diverto perversamente a giocare nel ruolo del pacco lasciato lì per caso.
Dopo circa 20 minuti il treno è arrivato e con esso la ressa per potervi salire. A che pro signori? il vostro posto è prenotato. Ossignur.
Il treno ha proceduto lento, macinando chilometri ed ore, portandosi dietro con sè i miei sensi intorpiditi dall'aria fredda che regnava presuntuosa. Ho approfittato del viaggio infinito per leggere...finalmente un po'di pace.
Sono arrivata a lavoro che era tardi. I tecnici erano ormai andati via quindi mi sono accontentata solo di un sopralluogo. Tutti mi guardavano in cagnesco, come se mi divertissi ad essere lì. Alla fine mi sono stufata di quell'astio e mi sono rinchiusa nel gelido box di lamiera. Io e il pc. E giù a digitare parole e numeri, le dita correvano agilissime sulla tastiera...e venne sera. E venne l'ora di rientrare alla base.
Alla stazione di L. non c'era quasi nessuno, solo qualche mendicante e qualche turista dall'aria sperduta. Un ragazzo mi ferma e mi chiede se gli do 50cent se in cambio mi fa accarezzare il suo cane. A me viene da ridere pensando a questa nuova forma di prostituzione canina.
Una ragazza di colore mi chiede dove sono i servizi igienici. Le rispondo un incerto "I don't know" e lei prende la mia incertezza come un non aver capito e mi imita il gesto di fare la pipì. A volte mi chiedo com'è che riesco a raccogliere questo safarà di individui.
Sul treno l'aria era calda. Mi accomodo al finestrino per godere della visione del mare notturno. Apro il mio libro e preparo i miei occhi ad immergersi nel piacere delle parole quando...
no, no ci posso credere. La logorroica. Una figura mitologica che ha la capacità di apparire quando meno vorresti. Ed era lì, seduta accanto a me, parbleu!
Devo escogitare qualcosa. La sua lingua mi colpisce veloce. Io rispondo a monosilabi e non scollo gli occhi dal libro sperando che capisca che non voglio parlare finchè non squilla il telefono. Allora mi gioco il jolly.
"Sì, ciao! sono uscita finalmente! sono fuori dal carcere!"
La logorroica rizza le orecchie, allibisce, si fa piccola piccola sul sedile e non mi rivolge più la parola. Pace.
Per farmi perdonare, arrivati a Roma, vedendola in difficoltà con la valigia insisto per aiutarla. Non voleva assolutamente. Alla fine non sapendo come fare accetta di farsi aiutare ma non mi perde d'occhio! Forse pensava che volessi rubargliela...
Figuriamoci. Sono esausta, la pelle bianco luna e gli occhi neri sotto cui porto due pesanti valigie. Cammino per inerzia ma ciononostante mi distinguo in una piccola impresa eroica che non è il caso di riportare. Finalmente imbocco la metro e mi faccio trascinare dal dondolio meccanico. Sono a casa.

mercoledì 18 novembre 2009

Dentro Nell' Anima (DNA)

E' strano come la vita a volte lanci messaggi subliminali per riportare alla memoria qualcosa del passato...quando il passato non è ancora passato... 
Se qualcuno vi ricorda che potrebbe esserci qualcosa in quella massa estesa di azzurro che si staglia sulla vostra testa e se qualcun altro vi rammenta indirettamente che una volta eravate divoratori di libri, il bambino che sonnecchia dentro di voi si alza impertinente urlando: "ricordi quanto ti aveva colpito?".
Sì lo ricordo. Colpito e affondato. E mi vengono le lacrime agli occhi se ripenso a quanto tempo è passato da allora. In quel periodo mi nutrivo di parole cercando un senso a tutto ciò che mi girava attorno. E rimasi estasiata da quello che lessi in un fumetto: come spiegare ad un ragazzino cosa c'è al di là della vita.
"Oggi l'universo elettronico ci suggerisce che possano esistere sequenze di messaggi che si trasferiscono da un supporto fisico all'altro senza perdere le loro caratteristiche irripetibili e sembrano perfino sopravvivere come puro immateriale algoritmo nell'istante in cui, abbandonando un supporto, non si sono ancora impressi in un altro...e chissà che la morte, anziché implosione, sia esplosione e stampo, da qualche parte, tra i vortici dell'universo del software (che altri chiamano anima) che noi abbiamo elaborato vivendo, fatto anche di ricordi e rimorsi personali e dunque sofferenza insanabile o senso di pace e amore".
Una storia meravigliosa di Dylan Dog "Lassù qualcuno ci chiama", in cui uno dei personaggi Humbert Coe non era altro che un più che palese riferimento ad Umberto Eco di cui si citava il passo di cui sopra tratto dal libro In cosa crede chi non crede.


La vita, per chi crede in un dio o per chi crede nel nulla, non è destinata ad esaurirsi con noi. Nel principio che nulla si crea e nulla si distrugge, ogni piccolo mattoncino che tiriamo su per formare il nostro essere noi non andrà perduto ma resterà impresso sulla matrice che compone l'esistenza. Io diventerà fiore, mano, sasso, vento.

...e non te ne andrai, ne sono certa.

Una vita non basta

Lo so che mi cerchi. Me lo dicono i tuoi occhi ogni volta che ci  incontriamo. Il tuo saluto resta sospeso in aria. Se le parole avessero forma potrei vedere tre puntini di sospensione evaporare dalle tue labbra per fondersi nel nulla.
Vorrei essere mille per essere almeno uno per te.

lunedì 16 novembre 2009

Io sto con gli Amish


Più passa il tempo e più capisco di essere una ragazza d'altri tempi. Ovverossia antiquata.
Che la tecnologia debba andare avanti è assodato. Ma che la tecnologia debba andare avanti per forza in casa mia contro la mia volontà non mi sta bene. Qualcuno me l'ha mai chiesto se volevo il digitale? No.
Tra l'altro, nella mia ottusità, mi chiedo quanti siano effettivamente contenti del cambiamento. Di sicuro non tutti quelli che hanno dovuto pagare un servizio con soldi che forse non avevano neppure per comprare questa scatola nera magica. O più di una. Certo bastava usufruire dell'incentivo statale: l'importante era avere più di 65 anni. Ma se ne hai 64 sei fregato!
Fino a ieri tutti gli abitanti di quella scatola fetente e magica detta TV si sbracciavano a far vedere quanto facile fosse accedere al digitale. Peccato che stamane lo switch off si sia portato dietro tutto. E come si fa la mattina a fare colazione senza che una popputa ipertrofica vi sproni ad ingozzarvi di biscotti al cioccolato mentre lei strizza i glutei tonici nella sua palestra allestita in casa alla modica cifra di 99.99€ con in regalo un set per polenta in vero legno massello?
E così mi sono trovata a sorseggiare un assonnato caffè nel pieno silenzio della stanza.
In giro per lavoro ho riscontrato i volti tristi da astinenza da pubblicità. Tutti spiazzati dall'assenza di segnale. Qualcuno girovagava come uno zombie biascicando "ma io il digitale già l'avevo...tv tv...rivoglio la mia tv" non sapendo che il suo digitale preesistente era nulla senza una nuova sintonizzazione. Ma chi te lo sintonizza il decoder? Semplice, lo fa da se. Ma vallo a spiegare ad uno anziano. Uno di quelli che non usa nemmeno il cellulare perchè il suo concetto di tecnologia di è fermato al telefono a gettoni.
I negozi di elettronica questa sera erano deserti dopo l'assalto degli utonti famelici in cerca di una qualsiasi soluzione. Mi sono dovuta piegare comprando l'idoneo aggeggio che ora mi permette di vedere un centinaio di canali di cui solo 4 di mio interesse. E chissà in quanti ora stanno imprecando contro la tecnologia rimpiangendo la vecchia tv, una tv che, per quel che mi riguarda, potrebbe funzionare ancora a manovella.

domenica 15 novembre 2009

Home, sweet home


La casa perfetta. Delle dimensioni perfette. Con le rifiniture perfette. In un posto perfetto. Del prezzo perfetto.
Siete lì lì per firmare. Avete passato notti insonni nella speranza che accettassero l'offerta fatta. Vi siete rotolati pesantemente nel letto per notti e notti sperando che la banca accettasse la richiesta di mutuo. Avete acceso ceri da illuminare tutto il Verano e dintorni sperando in qualche aiuto divino perchè tutto andasse bene.
Vi chiamano per firmare. I documenti sono a posto. Tutte le proposte sono accettate. Il notaio ha dato l'ok.
State per diventare i proprietari.
Nella vostra testa avete già scelto i mobili, avete addirittura messo delle piantine virtuali sul vostro quasi balcone. E il vostro cane virtuale zompetta allegro sul vostro quasi parquet.
Meno 3, meno 2, meno 1 e via di firma! Prendente la penna, la poggiate sul foglio, cominciate a scrivere il...
...
... il niente!
Avete avuto un mese di tempo per pensarci, ma proprio quando sto per firmare avete deciso di divorziare e buttare la casa, la MIA casa in un contenzioso giudiziale?

Morale della favole: Fantozzi mi fa un baffo, ma anche barba e basette.

mercoledì 11 novembre 2009

Il mio nome è Mind, Dangerous Mind


Non sono sparita. Sono solo rimasta impelagata in un cumulo di fango e d'impegni. In questi giorni ho girato su e giù la costa tirrenica italiana ma l'unico mare che ho visto è stato quello generato dalla pioggia incessante che mi inzuppato fin dentro le ossa. In particolare lunedì ero in cantiere, in una fossa, con 20cm di acqua alla base che ha richiesto un pompaggio per poter proseguire i lavori. Il fango era ovunque, l'acqua cadeva incessate e, permeato il soffitto già privato della danneggiata impermeabilizzazione, si riversava incurante sulle nostre schiene. Le scarpe di sicurezza già di per sè pesanti, erano insollevabili causa lo spesso strato di terra accumulato sotto la suola la cui scivolosità ci rendeva tutti pattinatori alle prime armi. Quando sono andata via ero zuppa, infreddolita e con il fango fino alle ginocchia. La stanchezza ha dominato questi giorni e credo che si farà sentire ancora per po'. Sono in un periodo che richiede assestamenti ma le scosse non accennano a diminuire.
E' un lavoro duro ma qualcuno doveva pur farlo.

mercoledì 4 novembre 2009

Fauna metropolitana

...mettersi in fila...in inglese "queue", una parola che letta all'italiana da un non so che di onomatopeico. Nella mia mente becera, il suono di queue ricorda il rumore dei maroni lessati quando vengono strizzati. In inglese viene  pronunciato come uno kiu strozzato, come uno sbuffo stizzoso. Si vede che per ciò che riguarda la fila ogni mondo è paese.
Mi trovavo all'ufficio postale cercando di convincere l'addetto allo sportello che la procedura che gli richiedevo era esistente e che si fosse informato meglio avrebbe avuto luce sul dal farsi. Mentre attendevo che l'esperto allo sportello si documentasse tra i colleghi ho assistito a questa conversazione:
Donna di mezz'età: "Scusi, ma dov'è la fila di A1?"
Adetto PT: "In che senso?"
Donna: "Ho il numero per la fila A1 ma vedo che stanno chiamando solo la fila A0"
Il gelo cade tra tutti gli astanti, finchè qualcuno ripresosi dallo choc esordisce:
"A signò, è 'a stessa fila solo che lei cià il numero che inizia pe'cento mentre quelli che stanno a chiamà mo'so ancora quelli che stanno sotto"
La donna si volta perplessa: "Quindi non c'è la fila A1?"
Addetto PT: "ehm, no...la fila è indicata dalla lettera A, lo zero indica che stanno chiamando ancora i numeri sotto il 100. Ad esempio ora è servito lo A020, cioè stanno servendo la lettera A al numero 20, capisce?"
La donna o dura di comprendonio o incapace di accettare l'idea di avere più di 80 persone davanti in fila, ripete meccanicamente: "Quindi non c'è la fila A1?"
Risposta dalla fila: "Signò devi da aspettà, prima o poi te chiameno"

Morale della favola: I primi saranno gli ultimi, ma solo quando il tempo innesterà la retromarcia.

lunedì 2 novembre 2009

Johnny Bassotto

Chi ha rubato la marmellata?
Chi sarà?
ed un uovo di cioccolata?
....


Io non c'ero, non son stato,
non son mai venuto qui
a quell'ora faccio sempre la pipì!


Ma il bassotto poliziotto scoprirà la verità,
il bassotto poliziotto scoprirà la verità.


Che poliziotto Jhonny bassotto
come una freccia nella notte schizza via,
passa dal tetto, entra nel letto
d'ogni bimbo che racconta una bugia.



Ti ho visto sai!
Tana libera tutti, per te e il tuo collega!
Vi ho proprio beccati con le mani nella marmellata, bravi sorci!
Tu stavi facendo un solitario e, appena mi hai visto entrare, hai tirato giù la schermata. Il tuo collega, con  faccia di str...bronzo, ha continuato a chattare impunemente. Bravi!
E vogliamo parlare delle due persone all'accettazione: una addetta ad ascoltare la domanda e l'altra a fornire la risposta?
Super Brunetta salvaci tu!