mercoledì 23 giugno 2010

Panta Rei

Vi sentite mai diversi?
Non divesi dagli altri  'che, vivaddio, per fortuna ci è stata evitata la piaga dell'omologazione anche se...vabbè, sorvoliamo... intendo proprio dire: vi sentite mai diversi dall'opionione che vi siete fatti di voi stessi?
Diciamocelo, seppur ci riconosciamo qualche piccolo difettuccio, qualche neo infinitesimo, non siamo proprio 'sto gran ricettacolo di virtù. Si sa, bisogna sapersi vendere, ogni tanto una piccola limatina a qualche viziuccio ci sta, l'importante è non convincersi troppo della propria infallibilità perchè se accade - e accade sempre - scontrarsi con la realtà può lasciare un po' di amaro in bocca e qualche perplessità.
Ultimamente mi sono resa conto dell'involuzione morale che ha avuto la mia coscienza (e anche conoscenza, lo ammetto) ma ho delle attenuanti, se così si possono considerare. Da fanciulla ero una paladina della verità, non mentivo nemmeno sotto tortura e mi piace pensare che sia ancora così ma, dopo aver detto l'ennesima grossa balla al telefono per motivi di lavoro, mi rendo conto che la mia virtù è seriamente in pericolo. Per non parlare della mia socialità: un tempo adoravo passare le ore al telefono. Ricordo le incursioni nelle cabine telefoniche, le ore in piedi attaccata a quella cornetta sempre troppo sporca e scassata. Ora, complice il lavoro e i diecimila cellulari che mi porto dietro, il trillo del telefono mi causa un fastidioso sfogo allergico. Abbiate pazienza se vi rispondo un po' più becera del solito.
Vogliamo parlare della cultura? sono sempre stata una ragazza prodigio: mangiavo libri e li assorbivo con la stessa facilità con cui ora il gelato si deposita sui miei fianchi. Avevo una cultura vastissima, sapevo e potevo parlare di tutto, mi dedicavo all'arte in tutte le sue forme, ero proprio brava, lo dico senza falsa modestia visto che a suo tempo fu proprio l'eccessiva umiltà a non farmi godere dei miei meriti. Ora di tanta cultura resta qualche sprazzo e un po' di confusione ma, capitemi, passo il mio tempo a parlar di cazzuole, fogne e discariche. Come credete che la prenderebbe il mio pittore se gli dicessi: "questa scala di azzurro mi ricorda il periodo Blu di Picasso in cui esprimeva la sua mutevolezza melanconica" ? Ve lo dico io: la prenderebbe molto male: "A 'ngegnè, ma vedi d'annattene a..."
Diverso, ma in senso positivo, è il mio atteggiamento verso l'Altro. Da fanciulla grulla qual ero, vittima di una timidezza imbarazzante e invalidante, pensare agli altri e pensare agli alieni era più o meno la stessa cosa. Tutti mi sembravano così complessi e ignoti. Da lì iniziò la mia passione per psiche e dintorni.
Col tempo l'Altro non mi fa più paura anzi...ho affinato un sistema intuitivo che mi permette di percepire a pelle le persone e, per mia s/fortuna, riesco a prevedere ed evitare cantonate colossali. Se prima di fronte una delusione o un problema mi sentivo fintita e desideravo liquefarmi per scorrere via il più velocemente possibile, ora laddove non riesco ad evitare un evento spiacevole lo affronto a testa alta e, se proprio non va, mi ravvio i capelli e cambio strada al grido di " ma sì, sticazzi!!!"
Noblesse oblige ;-)


3 commenti:

  1. Ho letto tutto il tuo blog e mi è piaciuto moltissimo, mi sono divertita, intristita e ho pure riflettuto.
    Sostengo che i romani (con le necessarie eccezioni) abbiano un occhio più clinico e cinico.
    Continuerò a leggerti.
    Francesca

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  2. Ti ringrazio per le tue parole e la tua presenza.
    Spero di riuscire a regalarti un sorriso. Grazie.

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  3. beh, diciamo che confido che con l'età i tuoi antichi pregi e i tuoi meriti nuovi sapranno mischiarsi e renderti ancora più gnocca e soprattutto più felice!
    un abbraccio!

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