domenica 23 ottobre 2011

'fancul post


Lo so, sono monotona ma io questa cosa del lutto collettivo non riesco a digerirla. Muore uno famoso e tutti giù con un'ipocrisia che fa venire i brividi. Muore un disgraziato di un operaio in cantiere e la notizia, se fa notizia, è un trafiletto in un giornale usato per pulire la lettiera del gatto.

Oggi è morto Simoncelli. Posso capire che possa dare dispiacere l'evento, ma leggere di gente disperata che pubblica su Facebook frasi al limite della comune decenza in cui annuncia lacrime calde, lutto profondo e nottate insonni in sua memoria mi fa rabbrividire. Quand'è che siamo diventati così ipocriti?
Possibile che siano i mass media a gestire le nostre reazioni? 
Se a qualcuno fosse sfuggita la cosa, c'è stato un terremoto in Turchia. Una robetta da un migliaio di morti. Certo morti anonimi e nemmeno italiani... ma, cazzo, che esseri stiamo diventando???

Io non sono così. Io mi rifiuto di essere così.

5 commenti:

  1. Questo accade perché i personaggi famosi sembra di conoscerli personalmente. Non è colpa di nessuno ma è solo una reazione normale. Se poi nessuno parla dei mille morti in Turchia è un'altra cosa. Però quanta gente muore ogni giorno?

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  2. Ciao Chuckirvine, personalmente credo che, a parte i fan, gran parte delle persone che si affliggono disperate su una bacheca pubblica lo fanno solo per un mero effetto mediatico.
    Credo sia una specie di legge di mercato per cui si vende assai meglio un morto famoso che molti anonimi. Come ha scritto un opinionista "E via così, tanto per mischiare le carte o confondere le acque a un’opinione pubblica troppo spesso pubblica, sì, ma senza opinione."

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  3. Condivido la tua reazione emotiva (diciamo che mi ha impressionato di più, in questo senso, la celebrazione di Steve Jobs, attribuendogli meriti che non aveva e incensandolo ben oltre il dovuto), però ci trovo una spiegazione (almeno nel caso di Simoncelli) che, per quanto non la condivida, capisco: Simoncelli era un simbolo, una persona (un ragazzo) nella quale molti si volevano identificare. Per quanto possa sembrare cinico, ma è vero, nessuno vuole identificarsi con un pastore turco o con un operaio edile. I primi a non volerlo fare sono i pastori turchi e gli operai edili. Forse ti stupirebbe sapere che molti operai, magari anche che avevano visto incidenti sul lavoro che hanno coinvolto persone a loro vicine, hanno avuto la stessa condotta che ora stigmatizziamo.

    Ripeto, sono daccordo con te, con la pancia (anche perché trovo i gran premi estremamente noiosi), eppure non faccio fatica a comprendere come il viso riccioluto, sorridente ed aperto possa portare i più ad operare una specie di *transfert* e quindi sentirsi molto coinvolti in quel luttuoso evento.

    A rischio di sembrare noiso, ho avuto più astio e riluttanza ad accettare la pantomima luttuosa sul "povero" Jobs, quando a pochi giorni di distanza era morto Dennis Ritchie, uno dei tecnologi che più hanno contribuito a gettare le fondamenta del moderno mondo informatico: Ritchie ha creato il linguaggio di programmazione C ed è uno dei padri fondatori del sistema operativo Unix.

    Senza di lui non ci sarebbero i computer, non ci sarebbe la apple e non ci sarebbero gli iPad di Jobs (che di programmazione non ha mai capito un'acca, mentre invece sapeva molto di marketing).

    It's life, it's this world, it's this human being.

    Cordialmente,

    il tuo futuro vicino di casa

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  4. Non sono d'accordo con te Mocassino, mio gradito futuro vicino. Magari fosse un *transfert*, come lo definisci tu! Avrebbe almeno un senso! Io stessa, quando morì Vianello ne rimasi dispiaciuta, non tanto per la persona in sè ma per l'idea di "famiglia" che associavo alla sua persona, al rapporto pluriennale con la moglie storica, ecc.. Quel che io temo è una sorte di opinione indotta dai media. Per chiarirci, se domani morisse Tizio e i media lo osannassero, io credo che l'uomo medio si lancerebbe in appelli a suo favore pur ignorando, probabilmente, l'identità del Tizio in questione.

    Anche io la penso come te per Steve Jobbs. Non per altro, scrissi questo su un altro blog:

    "Sì, abbiamo perso Steve Jobs, una grande mente a cui dobbiamo molto, ecc. ecc. Abbiamo anche perso un Nobel per la medicina anche se in pochi mostrano segni di costernazione per questo. Eppure, ad essere sincera, mi perdonino i fan di Jobs, preferirei mille volte la mente di un immunologo a qualche applicazione per Iphone & co.
    In realtà sono morte altre persone nei giorni scorsi, morti bianche che passano silenziose, una "piccola" privazione a cui cercano di abituarci insinuandoci l'idea che possano esserci morti di seria A e morti di serie B. Esistono anche le morti di serie infima relative alle vittime di quei conflitti che, bah, accadono chissà dove, troppo lontano per poterci interessare.
    Mi chiedo perchè l'uomo stia rinunciando al proprio raziocinio per adattarsi ad un sistema di massa in cui viene proposto in continuazione come vestire, come mangiare, come parlare, cosa sentire...
    Io mi rifiuto di essere la massa. Preferisco essere un Individuo."

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  5. Beh, mia cara, il "target" di Vianello era diverso, come diverso è quello di Simoncelli.

    Io, infatti, essendo un irsuto e scontroso orso di campagna non mi sono immedesimato né nell'uno, né nell'altro, tra l'altro non usando la televisione se non per vedere film e serie tv (o talvolta rai storia), sfuggo al coinvolgimento mediatico.
    Eppure non mi sfugge che in entrambi i casi abbiamo la morte di personaggi pubblici che, come tu mi confermi (almeno nel caso di Vianello), sono tali perché il target (il pubblico, appunto) si immedesima o ne condivide i valori di cui sono latori.

    La non trascurabile differenza tra i due, a parte l'età e la differenza dei suddetti valori (per Vianello, appunto, la famiglia, il senso di sicurezza, la leggerezza, la simpatia, invece per Simoncelli l'anelito di libertà codificato nella motocicletta, la gioventù spensierata e "di successo", l'abilità, la "figaggine"), c'è la non trascurabile vicenda della morte traumatica e prematura.

    Ripeto: io condivido con te il discorso sulle morti bianche, o altre tragedie che ci coinvolgono da vicino e che passano in secondo piano sui media, non sto difendendo né il fenomeno del lutto di massa un po' artificioso, né tantomeno le policy di priorità negli organi di informazione.

    Dico solo che capisco, a livello sociologico e psicologico, cosa può portare una persona che vive nel nostro humus sociale a sentirsi coinvolto nel lutto per la morte di un giovane e spensierato corridore di successo. Per giunta anche "simpatico" a chi lo seguiva già prima che morisse (a differenza di alcuni suoi colleghi che giocano la parte dell'antipatico).
    Sono elementi secondari che vanno a completare il quadro della morte "perfettamente spendibile" su un rotocalco.

    Forse in vecchiaia sono diventato cinico, forse è che al tempo non ne ho scritto o parlato granché perché non mi interessava e non volevo dare ancora più importanza a questo, seppur tragico, evento. Eppure ora prendendo spunto dal tuo scritto (che ho letto ad un mese di distanza), mi scivolano via alcune considerazioni che avevo elaborato in background allora.
    L'empatia è un sentimento personale, non si può misurare. A volte si basa sui valori etici, a volte sul transfert, a volte è frutto della moda (e ripenso sempre alla canzone di Giogio Gaber "quando è moda è moda"), a volte della persuasione.

    Da quello che ho potuto vedere nel mio quotidiano, in rete e nelle chiacchere da barbiere, in questo caso questi elementi sono stati tutti presenti in maniera diversa, ma abbastanza equilibrata.

    E' vero che i media hanno un grande potere, ma è vero anche che dai tempi di Quarto Potere ne è passata di acqua sotto ai ponti: oggi i media per "costruire" una notizia (o un personaggio) hanno bisogno di tempo, complicità tra loro, coinvolgimento fattivo dei fruitori della notizia. Cosa un po' più difficile oggi, rispetto a 50 anni fa.

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