lunedì 16 agosto 2010

Ecco perché mi è venuto l'herpes

Avete una mamma che da giovane abitava in un paese lontano lontano e ogni anno vi frantuma quel tantinello di pazienza avanzatovi dal lavoro perché vuole che ce la portiate? Se la risposta è sì, potete saltare il post perché tanto quello che sto per raccontarvi l’avete già vissuto.
Come ogni anno comincia il tira il molla del “che dici se ci andiamo un paio di giorni?”
Che poi diventa “tanto una settimana passa in fretta”
Che poi diventa “una, due settimane…”
Ovviamente voi protestate allora comincia la guerra fredda fatta di sbuffi, rimbrotti, qualche frecciata ben assestata. Ormai minati ai fianchi, tra l’istinto omicida e quello della fuga, accettate con riserva:
“Solo due giorni!”
“va bene, tre giorni mi bastano”
“ho detto due!”
“ora preparo la valigia, per quattro giorni basteranno un paio di lenzuola?” e nel mentre comincia a preparare una valigia tale che pare portarsi dietro tutto il corredo, vestito da sposa incluso.
Tornare al paesello per lei è come per un capo di stato presenziare ad una parata. Si mette in valigia tutto l’armadio, tutte le scarpe, tutti i gioielli possibili perché immagina di fare la smargiassa nelle vie del paese con le conoscenze di gioventù che la guardano stupita ed esclamano: “Ma guarda la Maria, s’è fatta proprio una gran signora! Guarda che lusso! Guarda che brava!”. Peccato che al paesello sono tutti in modalità CRITICONI-ON MODE e quindi quel suo sperare diventa invece: “Guarda che smorfiosa la Maria, c’ha pure le calze sfilate”. Allora lei se la prende con me. Vorrebbe tanto che mi parassi a festa e mi ingioiellassi tutta come un santo in festa e girassi per il paese pettoruta ed estatica come una madonna in processione. Per convincermi a tal parata, una settimana prima della partenza comincia a propormi lunghe sessioni di shopping al grido di “dai che ti compro qualche cosa che mi pari un muratore a fine giornata”. Non c’è verso di farle capire che nei miei geni femminili non sono compresi l’amore per lo shopping, il rosa barbie e i vestitini. Non si può cavare sangue da una rapa così come non si può ricoprirmi di merletti. Sono assiomi fondamentali.
Arriva il giorno della partenza. In uno zainetto io ho qualche jeans, un  paio di mutande e una maglietta. Lei porta con sé l’intera collezione primavera estate di Versàce(n’arto litro), comprata su qualche bancarella cinese. In auto comincia la tratta dei giorni che si concluderà con la mia vittoria non appena saremo entrate nella vecchia casa dei nonni. Quando entriamo lì dentro non riesce ad opporre troppa resistenza, le è difficile negare certe evidenze.
Dovete sapere che la casa dei miei nonni è stata costruita dai loro nonni. Ha un qualcosa come un duecento anni. Forse stonacandola un po’ si potrebbe ritrovare qualche fossile o qualche graffito. E’ costruita su roccia in un paese appollaiato sul cucuruzzolo di una montagna alta circa 1100m s.l.m. Arrivarci è un po’come morire, un girare lungo i pendii e strapiombi. Un allegra scampagnata di due ore e mezzo. L’ultima ora dedicata a 30km di tornanti e curve a gomito con vista sul vuoto. Se soffrite di vertigini è un viaggio letale. Una volta che riuscite ad arrivare, sputate l’anima per raggiungere la casa. Il paese è tutto un saliscendi di scale e scalette. Per voi, come me, pigri nel dna che vivete a costante risparmi energetico è pura blasfemia. Diciamo che scamazzandovi un po’ riuscite ad arrivare alla famosa casa. Vi aiuta il fatto che ogni gradino passa qualcuno che vi ferma e comincia a parlare: “Ah, ma tu sei Maria, la figlia di Cosa che viveva a Pratello, che ha sposato Marietto che lavorava al campetto che aveva comprato bla bla bla”
Insomma, mentre loro ripassano l’albero genealogico, io ne approfitto per respirare.
Arrivati a sta famosa casa comincia il delirio. Essendo un’eredità contesa tra qualcosa come 415 eredi è senza manutenzione da circa 50 anni. La porta si apre a spallate. Entrate ed è tutto un fiorire di calcinacci. Un topo, vi guarda indispettiti, ha ragione, avremmo potuto bussare prima di entrare. Andate in bagno e c’è solo il cesso. E quando lo chiamo cesso gli sto facendo un complimento. Niente acqua calda bensì acqua sorgiva alla gradevole temperatura di  -20°, se vi fate il bidet vi restano gli ammennicoli in mano.
I letti sono chiusi in mobili letto di mezzo secolo fa. Roba innovativa per il tempo. Ad oggi trappole mortali: rischiate sempre o di richiudervi nel mobile o che il mobile vi rovini addosso. Unico modo per sopravvivere è dormire dritti dritti senza muoversi o respirare. Insomma, dovete fare un po’ come fanno i morti.
Appena entro guardo mia madre e le sibilo: “Due giorni e ce ne andiamo.”
Lei mi guarda, si guarda attorno, mi riguarda e dice: “Se proprio insisti…”

2 commenti:

  1. E non ti hanno detto: come sei cresciuta!! E come vai a scuola? (considerando che vai per i 40...)

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  2. Fagiolo del sole, attento a te! Vado per i 30 non per i 40!!!

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