martedì 10 agosto 2010

Quando le scarpe vanno strette

Sono tre giorni che sono al paese e mi sembra che sia già passata una vita. Ho già fatto l’incontro scontro con il parentume più disparato. Tutti si sono fatti i cavoli i miei e io, volente o nolente, mi sono fatta un po’ i cavoli loro. I paesini sono così: tutti sanno tutto di tutti. Dove non sanno inventano e vanno di supposizioni, quindi tanto vale dire tutto, almeno sono sicura che su di me si dice la verità vera e non quella estrapolata da un “l’ho sentita dire così e cosà…portava un vestito pomì e pomò…parlava al telefono con cicì e cocò”.
Durante il giorno sono quasi libera. Alle sei mia madre entra nella mia stanza urlando che è tardi, che sono una sfaticata. Evvabbè. Poi se ne va e ritorna alle 14. Cosa che potrei riaddormentarmi e risvegliarmi alle 13.30 senza che lei se ne accorga. Evvabbè. Fatto sta che mi alzo, mi scolo un paio di caffettiere per evitare di perdere il ritmo acquisito durante  il lavoro e cadere in crisi d’astinenza da caffeina.
Schizzata come la molla ribelle di un materasso comincio a girovagare per casa. Leggiucchio, smangiucchio…insomma, niente di socialmente utile. Alle 9 vengono, puntuali come un herpes al primo appuntamento, le mie nipotine. Trenta chili complessivi di figaggine e smorfiosaggine. Figlie dell’era Winx, vanno in giro sempre in coordinati rosa. Sono così maliziose da farti domande a trabocchetto e registrare e riferire ogni risposta e movimento.
“Ma quando ti sposi?” “E il tuo fidanzato com’è?” “Ha la macchina? È ricco? Che lavoro fa?” “Vivi con lui?” “bla bla bla….”
Signori, hanno 6 e 10 anni. E sono già due suocere provette.
Il momento stressante del giorno è il pasto. Pur avendo un tavolo enorme ci ostiniamo a mangiare tutti stretti da un lato lasciando libero l’altro per fare in modo che tutti possano vedere la tv. Capirai. Qui si vede solo la rai e telecapri. E spesso preferisco telecapri.
Come dicevo ci schiacciamo tutti da un lato del tavolo e, come la perfetta famiglia patriarcale, mettiamo tutti i vassoi di fronte a papà.
“Mi passi questo? Mi passi quello? Un goccio di vino? Solo mezzo bicchiere. Io voglio un tovagliolo. Passa il formaggio a nonna”
Che stress! In continuazione. Possibile che non ci si possa distribuire uniformemente lungo la tavola? Sarà che sono diventata asociale e burbera ma la mia idea del pranzo perfetto è un silenzio assordante, qualche grugnito di approvazione e tutto il cibo nel piatto. Ecco, lo so che ci vorrebbe una via di mezzo ma se così fosse non sarei io, non sarebbe la mia famiglia.
Dopo il pasto inizia la lotta con uno dei cani. E’ quello che ha la faccia più scema e fa sempre la parte del tontolone. In realtà è un paraculo patentato. Mentre tutti pranziamo, lui entra quatto quatto dalla veranda, passa di soppiatto dietro le poltrone e si mette a dormire nascosto dietro il camino. Ci accorgiamo di lui perché inizia a russare come un facocero. Allora cerchiamo di mandarlo via ma lui fa finta di non sentire che lo rimproveriamo. Apre ogni tanto un occhio per guardarci e non muove un muscolo facendo finta di essere morto. Quando lo prendiamo per il collare per trascinarlo via si butta a terra di peso. Si mette supino facendo la parte del morto ammazzato. Esasperati prendiamo qualche leccornia e gliela sventoliamo sotto al naso. Subito si rizza in piedi e inizia a scodinzolare come un matto.
Quando si dice “contadino cervello fino” non si parla solo dei bipedi. Parola mia.
To be continued…

2 commenti:

  1. In fondo il tuo cane è uan grande scuola di vita...secondo te è possibile imitarlo?
    SignoraNessuno

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  2. P.S. Lo dirò con finezza: che rottura di cazzo sul tuo blog digitare sempre una parola di riconoscimento o scegliere un profilo...SONO PIGRA
    SignoraNessuno

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