martedì 9 marzo 2010

Piccola rosa

Sono ancora qui prigioniera tra queste mura. Sono rimasta sola e godo di un silenzio così pieno che sembra ovatta su queste pareti grigie. Rintocca, quasi alieno, il click click dei tasti su cui le mie dita suonano veloci. Se mi concentro bene e le dita si fermano, sento il battere della pioggia. Fitto, costante. Non c'è niente che mi rilassi di più del rumore della pioggia quando attorno impera il silenzio.
E quindi torno qui a riaprire una nuova pagina.
E' tempo di ricominciare una lotta che combatto da anni e che sono stanca, stufa, esausta di combattere. Immaginatevi persi nell'oceano su di una zattera. Avete un remo e sapete che dritto di fronte a voi c'è un posto cui approdare. Remate remate remate. Il sole picchia forte e arde la pelle. Sapete che la meta è lì ma non riuscite a raggiungerla. Più remate e più sembra allontanarsi. Quando piove, le onde vi sommergono e bruciano salate sulle ferite. Rendono instabile la zattera e vi sentite in balia di voi stessi. 
Non c'è nulla di più crudele dell'essere in balia di se stessi. Capaci di risolvere l'impossibile per gli altri e incapaci di mettersi un cerotto su se stessi.
Ed allora accade l'inaspettato ma sperato. Incontrate un'altro santo delle cose impossibili per gli altri e in difficoltà con se stesso. Vi propone un patto: voi siete il suo "altri" e lui il vostro. Salite sulla stessa zattera e iniziate a remare.
La via è lunga ma sapere che ci sei mi rende forte. 
E non smetterò mai di dirti grazie per la considerazione, la forza e il pensiero che mi hai donato.

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