martedì 13 aprile 2010

Cronache dal fronte

Mentre scrivo sono sommersa da un cumulo di calcinacci. C'è polvere ovunque. Soprattutto nel mio naso. Se starnutissi ora espellerei blocchetti di cemento.
Sono venuta qui stamane perchè avrei dovuto lasciare dei documenti urgenti e poi tornare subito in ufficio. Roba di pochi minuti ma, si sa, nel lavoro il concetto di tempo è mooolto relativo.
Sono già due ore che sono qui e dovrò aspettarne altrettante prima che possa venirne fuori. Già. E ora chi lo dice alla mia borsa nuova, prima nero lucido e ora bianco cemento? e come dirlo ai miei capelli lunghi, prima lucenti e ora di un morto color intonaco? Le mie scarpe hanno al momento una doppia suola: la prima di fabbricazione, la seconda acquisita dallo strato di melma e cemento adesovi sotto.
Cosa faccio qui? semplice: aspetto.
Un fornitore, un subappaltatore, uno scarico di materiale, un caffè, il tram, una meteora che si schianti sull'edificio? Poco importa cosa stia aspettando. Il mio lavoro è questo: lunghe ed estenuanti attese seguite da lavori frettolosi causa urgenze e esiguità di tempo utile. Si riuscisse ad ottimizzare la cosa sarebbe perfetto.
In questo momento sto facendo la stronza: non sapenso in che modo far passare il tempo, avendo già controllato ogni singolo punto luce, letto ogni singolo sacchetto di materiale, ispezionato ogni cavità, ho deciso di prendere carta e penna e di cominciare a scrivere queste quattro cazzate. 
Ovviamente solo io so cosa sto scrivendo tanto avidamente.
Di sicuro non lo sanno gli operai che mi guardano sottecchi e vorrebbero lanciarmi una mazzetta tra capo e collo. Dipenderà forse dal fatto che mentre scrivo velocemente, ogni tanto mi giro a guardarli scuotendo la testa come se stessi prendendo nota del loro lavoro?
Chissà!
La noia mi rende una bestia, l'ho sempre detto.

scritto alle 10.30 e ricopiato ora dai miei appunti.

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