venerdì 25 marzo 2011

Dire.

Nella vita io sono un sacco vuoto. Di quelli magici, non di quelli che compri alla ferramenta per nasconderci un cadavere. La mia magia consiste nel fatto che chiunque guardi nel sacco riesce a vederci quello che vuole.
C’è chi il sacco lo vede sempre pieno: risate, disponibilità, affetto, amore. E chi lo vede irrimediabilmente vuoto. Semmai pieno di tutte le piccole cose brutte che ci minano la vita: falsità, immaturità, cattiveria, indifferenza.
Insomma, ce n’è per tutti.
Nella mia vita ho affrontato, finora, tre macrofasi. La prima era caratterizzata da una timidezza al limite del patologico. Ricordo che un prof., in seconda media, suggerì un aiuto psicologico perché vedeva in me un piccolo genio affetto da autismo. Non fossi stata così timida, l’avrei preso a calci nel sedere. Purtroppo ero incapace di reagire e il suo culo, sebbene chiacchierato, fu salvo. Da un lato posso capirlo: a 12 anni dipingevo, scolpivo, scrivevo poesie e testi così bene che voleva partecipassi ad un concorso letterario. Non ero certo l’ignorantona di oggi, viziata dal dialetto romano, dagli studi universitari e dalle parolacce in cantiere. Ero proprio una donnina a modo, dolce dolce, piagnucolosa, molto acculturata: insomma, una gran rottura di balle. Per questo ero costantemente isolata dai miei coetanei. Il mio isolamento, caro Prof. Maccario, non era volontario, bensì indotto. Lo sappia, una volta per tutte!
Al liceo e all’università mi sono rifatta. Ho avuto un rigurgito di insicurezza e sono esplosa in una bolla di euforia. Credo di aver passato il 50% del mio tempo a ridere e a scherzare. A liceo, ogni anno, appendevo in classe una caricatura di tutti i miei compagni. L’ultimo anno appesi in classe il manifesto funebre relativo alla morte del Prof.di latino. Uomo di grande umorismo e pendenza (camminava con una singolare inclinazione all’indietro di 30°) il Prof. Malizia era unico nel suo genere. Qualunque esso fosse.
La terza fase, l’attuale, è dovuta al fatto che gli ultimi anni di università e il lavoro hanno minato la voglia incondizionata di ridere che avevo e mi hanno regalato un carattere prevalentemente doubleface. E’ riaffiorata la mia personalità imbronciata pur mantenendo una continua voglia di novità e scherzi. E’come vivere con una personalità sereno-variabile: il sole splende con addensamenti nuvolosi a tratti.
Complice un tempo sempre più avaro, i rapporti sempre più frettolosi e superficiali congiunti con la mia personalità cangiante, ognuno vede in me quel che vuole.
E mi ritrovo a essere sacco, pieno di me, eppur vuoto. Di persone che mi conoscono così profondamente da poter ravanare nelle mie viscere a loro piacimento ce ne sono ben poche.
Parlando di me, nulla fu mai così vero come il detto: “se la mattina prima di uscire metterai in tasca un sorriso e un vaffanculo, stai pur tranquillo che la sera tornerai con le tasche vuote”.

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